Insediamento Preistorico Di Poliochni

LA POSIZIONE DEL MONUMENTO

Nella parte SE di Lemno, nella zona più ampia di Vroskopo, dovebaia omonimae ad una distanza di circa 2 km dall’attuale villaggio di Kaminia, si trova l’insediamento preistorico di Poliochni. L’insediamento è considerato uno dei più antichi dell’area dell’Egeo con caratteristiche urbane precoci, mentre nel 2006 è stato aggiunto all’elenco dei monumenti del patrimonio culturale europeo, con la designazione di “la città più antica d’Europa”.

La vantaggiosa posizione geografica dell’insediamento, così come dell’intera isola di Lemno, poiché si trova in prossimità dello stretto dei Dardanelli e della costa macedone, fu un fattore decisivo nello sviluppo della civiltà egea fin dalla preistoria. I movimenti di popolazioni e di merci determinarono la continua trasmissione di conoscenze, idee, modelli e know-how, come testimoniano i numerosi reperti rinvenuti nel sito.

Poliochni, con i dati archeologici finora,si estende su una superficie di circa 20.000 mq.e presenta un orientamento N-S/NE-SW. Cresce all’imbocco della baia, lungo la costa, su una collina allungata con un dolce dislivello. L’attuale configurazione dell’insediamento è in gran parte dovuta ai depositi antropici, dovuti alle molteplici e successive fasi di insediamento, che si datano ininterrottamente dalla metà del IV millennio alla fine del III millennio a.C.,mentre isolati reperti mobili indicano un possibile riutilizzo parziale dello spazio che arriva fino al 1200 a.C. Di.

Sia la possibilità di ormeggio ad est della vicina baia e della fertile pianura che circonda l’insediamento, unita alla presenza dell’acqua attraverso i due corsi d’acqua, che scaturiscono da sorgenti vicine e allo stesso tempo segnano i confini naturali dell’insediamento, sembrano sono stati fattori chiave che hanno contribuito al benessere generale dei residenti di Poliochni.

 

LA STORIA DELLA RICERCA

Nel 1885, nel villaggio di Kaminia, il ritrovamento accidentale di una stele tombale inscritta raffigurante un guerriero, nota anche come “Stelum dei Kaminiani” (vedi capitolo 3 più dettagliato), fu lo spunto per l’inizio delle ricerche archeologiche in ad est di Lemno. Poiché la stele sembrava mostrare significative somiglianze linguistiche con le iscrizioni etrusche, nel 1919 arrivò a Lemno l’allora direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene (IASA), Alessandro Della Seta, archeologo di origine italo-ebraica. Della Seta seguendo la tendenza dell’epoca, che era orientata a risalire all’origine dei suoi antenati al fine di formare forti idee nazionali dimostrando la continuità storica attraverso gli stati-nazione, trovò nello studio di questa colonna e dell’area più ampia in cui rilevava, particolarmente interessante. In questo contesto, nel 1925, Alessandro Della Seta avviò estese ricerche archeologiche nella più vasta area di Lemno, il cui risultato fu la scoperta dell’insediamento preistorico di Poliochni, il 21 agosto 1930. Gli scavi durarono fino al 1936 e portarono per illuminare circa due terzi dell’insediamento. Tre anni dopo, nel 1939, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, Alessandro Della Seta, a causa delle sue origini ebraiche, fu allontanato dalla Direzione della Scuola Archeologica Italiana e Poliochni fu trasformata in un campo minato tedesco con installazioni militari sparse nel territorio. la zona. I reperti mobili degli scavi furono trasferiti a quel tempo ad Atene, Mitilini e Lemno per la loro protezione e sicurezza.

Dopo la fine della guerra, nel 1951, la Scuola Archeologica Italiana di Atene tornò a Poliochni con un nuovo direttore, Doro Levi. La preoccupazione principale di Levi era la raccolta del materiale dagli scavi di Poliochni. Assegnò così a Luigi Bernabò Brea, allievo dell’archeologo italiano Della Seta e scavatore del sito, la pubblicazione archeologica del sito. Per dieci interi anni, dal 1951 al 1961, Luigi Bernabò Brea cercò di mettere ordine nei dati di scavo (diari, fotografie, ricostruzione della sequenza stratigrafica del sito attraverso nuovi scavi, ecc.) e nel 1964 fu pubblicato in italiano il primo volume con i reperti degli scavi di Poliochni (Poliochni I). Il volume comprende il materiale relativo alle prime fasi abitative dell’insediamento, dal periodo melanesiano a quello rosso. Dodici anni dopo, nel 1976, venne pubblicato il secondo volume sull’insediamento preistorico (Poliochni II) einclude reperti del periodo Giallo dell’abitazione nel sito.

Nel 1986, Poliochni tornò alla ribalta. Mdopo gli sforzi coordinati del Ministero greco della Cultura, dell’allora competente Eforato delle Antichità e delScuola Italiana di Archeologiaè stato attuato un programma collettivo pluriennaleche hanno riguardato principalmente operazioni di salvataggioe ricerche di scavo su piccola scala, particolarmente necessarie per la tutela e la messa in luce dell’insediamento, che presentava notevoli problematiche sia a causa del pluriennale abbandono, sia a causa dei grandi danni subiti dall’area durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dal 1994 al 1997, in vista della firma della Dichiarazione di Poliochni, l’allora 9° Soprintendenza alle Antichità Preistoriche e Classiche ha effettuato restauri e consolidamenti in gran parte dell’insediamento.Durante questo periodo furono formati e costruitirealizzare le infrastrutture necessarie, per organizzare lo spazio come luogo da visitare.

Nel 2009 è stato presentato daNuova Scuola Italiana di Archeologiaprogramma di riabilitazione in alcune parti dell’insediamento (Ministero della Salute e del Welfare/DAAM/2019/93536/22-11-2010), tuttavia, gli interventi proposti sono stati implementati a livello locale.

Nel 2016, l’attuale Soprintendenza alle Antichità di Lesbo, nell’ambito del Programma Operativo “Nord Egeo 2014-2020”, ha incluso Poliochni in un programma quinquennale di promozione e restauro, intitolato: “Restauro, conservazione e promozione del sito archeologico di Poliochni Limnos”. La principale preoccupazione del programma era la modernizzazione del sito archeologico visitato, nonché la sua ulteriore indagine scientifica. In questo periodo furono effettuati scavi e lavori di restauro e consolidamento, dai quali emersero nuovi dati archeologici. I percorsi di visita esistenti sono stati ampliati, Poliochni è stata arricchita di nuovo materiale di vigilanza, mentre nella zona sono state realizzate nuove infrastrutture edilizie a servizio del pubblico.

Recentemente, nel 2022, l’Eforato delle Antichità di Lesbo ha incluso il sito in un nuovo programma di messa in luce e restauro concentrandosi questa volta sul settore occidentale dell’insediamento preistorico. Il progetto intitolato “Restauro del settore occidentale dell’insediamento preistorico di Poliochni n. Limnos”, è realizzato utilizzando il metodo dell’autocontrollo archeologico da parte dell’Eforato delle Antichità di Lesbo e con il finanziamento del Fondo Nazionale per il Recupero e la Resilienza.

LA COLONNA DELLE STUFE

La Colonna del Caminoè uno dei ritrovamenti archeologici più importanti di Lemno. È un’iscrizione rettangolarelapide, che misura 0,95×0,40×0,14 m., su cui è riportato il più antico testo scritto diLingua limniana, secondopelasianoperiodo sull’isola.La stele è in porolite e reca incisa di profilo la testa di un guerriero, che impugna una lancia e uno scudo. Attorno alla testa del guerriero e sul lato stretto della colonna si trovano iscrizioni, due disposte verticalmente e una orizzontalmente, inbustrofidonescrivere.

La Colonna del Caminoè stato scoperto per caso1885 al villaggioCaminettidi Lemno e fu pubblicato nel 1886 nel suo BollettinoScuola Archeologica Francese di Atene. Vent’anni dopo fu ritrovata la stele inscritta aEgitto, da dove è stato ricevutoVasilios Apostolidise nel 1905 lo donò aMuseo Archeologico Nazionale di Atene, dove è conservato fino ad oggi.

L'INSEDIAMENTO PREISTORICO: BREVE DESCRIZIONE

L’insediamento iniziale nell’area di Poliochni risale all’incirca alla metà del IV millennio e arriva fino al 2.000 a.C., anche se i reperti mobili indicano che l’attività residenziale nella zona continuò anche successivamente, arrivando fino al 1.200 a.C. Di.

Per comprendere meglio l’utilizzo del sito nel tempo, gli scavatori italiani hanno simboleggiato le successive fasi costruttivedi con i colori:

  1. Periodo nero:

(Neolitico finale, 3.700 – 3.200 a.C.)

Il primo insediamento di Poliochni fu organizzato sullo sfondo naturale della collina, senza seguire alcun piano urbano rudimentale e si trovava vicino alla valle fertile, adatta alla coltivazione, grazie agli estuari dei fiumi della zona. Gli abitanti vivevano in capanne, che presentavanocontorno ovale o ellissoidale, basamento in pietra e sovrastruttura in legno e canne.

Dagli studi effettuati nella zona è emerso che il tipo di famiglia riscontrata nel primo insediamento di Poliochni era unicellulare. Ogni famiglia contava circa 5-6 persone e possedeva animali domestici, come bovini, pecore e maiali. L’occupazione principale degli abitanti era la coltivazione della terra. I vasi non dipinti erano ampiamente utilizzati nella vita quotidiana, mentre erano pochi quelli che presentavano decorazioni scritte, come il colore bianco su fondo nero originario della vicina Asia Minore, tipi di ceramica particolarmente apprezzati in questo periodo.

Le fasi costruttive sovrapposte rinvenute nell’insediamento e databili ai secoli successivi, indicano una continua attività abitativa in un’area residenziale particolarmente vivace.

  1. Periodo blu:

(Prima età del bronzo I, 3.200-2.800 a.C.)

Il periodo blu è diviso in duesottoperiodi, quello arcaico e quello tardo. Durante il periodo Arcaico Blu l’insediamento si espanse notevolmente e ricoprì gran parte della collina. Si formarono strade asfaltate, pozzi, acquedotti in pietra ed edifici pubblici. Le abitazioni avevano pianta rettangolare con muri in pietra, a doppio fronte, costruiti con piccoli sassi e fango che sembrano arrivare fino all’altezza del tetto. In questo periodo iniziò anche la ricostruzione dei locali in forma “palazzina” (vedi più in dettaglio cap. 6.5), ma un vasto incendio distrusse gran parte dell’insediamento.

Durante la tarda fase blu, Poliochni si espanse nuovamente con nuove costruzioni residenziali, che richiedevano una pianificazione centrale ed esecuzione collettiva nel contesto di un’organizzazione sociale, economica e politica più ampia. Tra le opere pubbliche realizzate in questo periodo ricordiamo il grande recinto, imponenti opere tecniche di carattere monumentale, nonché due importanti edifici, il famoso “Parlamento” e “Sitapothika”.

In questo periodo si cristallizza la tipologia “dimora”, che raggiunge il suo apice nei periodi successivi, indicando una prima forma di rudimentale concentrazione urbana nell’insediamento. In termini di pianificazione urbana, Poliochni è oggi uno dei primi esempi di spazio lineare nell’Egeo.

La sua popolazione è stimata intorno agli 800-1.000 abitanti e la tipologia familiare presenta una forma complessa, con un gran numero di parenti (da 16 a 20 persone) che risiedono nelle case. Le principali occupazioni degli abitanti erano la coltivazione della terra e la pesca nelle acque del golfo, mentre grande era anche il consumo di ostriche, i cui resti servivano come materiale legante per la costruzione delle murature. L’allevamento degli animali domestici rimase un fattore importante nell’attività economica della comunità. Ogni famiglia possedeva piccole mandrie di animali, principalmente pecore, bovini e maiali. Il gran numero di macine e macine in pietra vulcanica di cui abbondava l’isola, indica il loro uso prolungato per la preparazione dei cibi, ma è possibile anche dal punto di vista della loro esportazione, nell’ambito di transazioni commerciali.

  1. Periodo verde:

(Prima età del Bronzo I/II, 2.800 – 2.500 a.C.)

Nella stagione verde si segna il periodo di massimo splendore dell’insediamento, la cui popolazione raggiunge, secondo le stime, circa 1.500 persone. La città si espanse verso ovest. e B con la presenza di opere di natura analimmatica, necessarie sia per trattenere il suolo a causa dell’instabilità del terreno, sia per evitare esondazioni, dovute alle frequenti esondazioni del fiume adiacente, che nel periodo delle intense precipitazioni sembra aver rappresentava una minaccia frequente soprattutto per la parte sud-ovest dell’insediamento.

Durante questo periodo, Poliochni presentò una chiara organizzazione urbana con blocchi edilizi (isole) e strade tra di loro. Furono realizzate le arterie stradali centrali, mentre l’ingresso ad Ovest. dell’insediamento aveva la forma di un propileo. Ciascun isolotto comprendeva una o più case indipendenti con un orientamento generale N-S. Ogni casa aveva lo spazio abitativo principale (palazzo), il cortile e spazi ausiliari (magazzino e preparazione del cibo). Tra le case di ciascuna isola, vicoli più piccoli (parodes) servivano al traffico dei residenti della zona, mentre i tubi di drenaggio rimuovevano l’acqua piovana dalle zone residenziali. Alla fine del periodo, soprattutto per ragioni difensive, il recinto venne rimaneggiato e in alcuni punti rinforzato. Resti residenziali del periodo Verde sono oggi visibili principalmente a sud e a ovest. settore dell’insediamento.

  1. Periodo rosso:

(Prima età del Bronzo I/II, 2.500 – 2.200 a.C.)

Durante il periodo Rosso il luogo di residenzasegnalato a N dell’insediamento gli edifici pubblici e le aree residenziali comunali restano saldamente in funzione. Sebbene l’impianto urbanistico sia rimasto lo stesso, le differenze nella tecnologia costruttiva e nell’orientamento degli edifici indicano una disposizione difensiva nell’organizzazione dello spazio, con l’obiettivo di tutelare e tutelare gli abitanti. In questo contesto, come si osserva anche in altre cittadelle fortificate dell’area egea, il recinto fu rinnovato e rafforzato, la porta centrale fu ridotta in larghezza, assumendo la forma di propilei difensivi, e le strade centrali furono pavimentate. La necessità di protezione è confermata anche dai ritrovamenti mobili, come indicato dal gran numero di punte di lancia e schegge di pietra rinvenute nel sito. Caratteristico di questo periodo è il ritrovamento di una matrice argillosa per la fabbricazione di una lama metallica.

  1. Periodo giallo:

(Età del Bronzo Antico III/Età del Bronzo Medio, 2.200 – 2.000/1.900 a.C.)

Durante il Periodo Giallo, nella zona scoppiò un grande incendio, a seguito di un forte terremoto. Questo fatto fece sì che l’insediamento fosse limitato lungo la strada principale e tra le due pubbliche piazze. L’ampliamento delle case private è avvenuto a scapito dello spazio pubblico, indicando una tendenza all’introversione o alla mancanza di spazio disponibile rispetto ai periodi precedenti. Le nuove strutture ora mostrano una costruzione trascurata e sono state realizzate con pietre sciolte e irregolari e fango. L’unico edificio importante dell’epoca si trova a nord della piazza principale ed è attribuito a qualche personaggio importante dell’insediamento. Appartiene alla tipologia architettonica “a palazzo”, rimasta in uso per tutto questo periodo.

La fine del Periodo Giallo segna anche la fine dell’insediamento di Poliochni, che venne quasi completamente abbandonato, dopo un altro devastante terremoto, intorno al 2.100 a.C.

  1. Periodo marrone:

(Età del Bronzo Antico III/Età del Bronzo Medio, 2.000 – 1.700/1.600 a.C.)

Durante il periodo Kastani, nell’ormai abbandonata Poliochni, alcuni abitanti tornarono e si stabilirono tra le rovine intorno alla piazza principale, a N dell’insediamento, dove è segnato anche il punto più alto del sito. In quest’area, insieme ai resti abitativi, sono state rinvenute sepolture sparse e infusioni di adulti e bambini.

  1. Periodo viola:

(Età del Bronzo Medio- TardiEtà del bronzo, 1.700/1.600 – 1.200 a.C.)

Del periodo iodiano, l’ultima fase dell’insediamento a Poliochni, non sono sopravvissuti resti abitativi ad eccezione di alcuni reperti mobili, che indicano un’attività rudimentale nella zona che arriva fino al 1.200 a.C.

L'URBANISTICA DELL'INSEGNAMENTO

L’insediamento di Poliochni era circondato da alte mura, che risalgono al periodo Verde in poi (2.800 – 2.500 a.C), dove si nota anche la grande prosperità della città. La cinta muraria, o altrimenti l’ampio recinto (vedi più in dettaglio cap. 6.1), presenta numerosi ampliamenti e rifacimenti, eseguiti in vari periodi con lo scopo di soddisfare le esigenze di difesa e protezione degli abitanti. Durante il periodo rosso (2.500 – 2.200 a.C), dove l’esigenza di protezione era maggiore, il recinto veniva rafforzato innalzando un’eventuale ulteriore sezione di mattoni grezzi.

Ad ovest delle mura si trova la porta d’ingresso centrale (vedi più in dettaglio cap. 6.2), da dove partiva una delle vie più centrali dell’insediamento (piazza). La strada aveva direzione S-N, era acciottolata, con forte pendenza verticale e attraversava l’intera città. L’ingresso centrale serviva per il passaggio dei residenti dentro e fuori la zona residenziale ed è stato utilizzato per tutta la vita di Poliochni.

Al di là della via principale, una moltitudine di stradine strette e tortuose (parodi) permettevano il movimento dei residenti in città e formavano isole edificabili per l’ubicazione delle case private. Sul sito sono segnalati due piazzali pavimentati con pozzi (vedi più in dettaglio cap. 6.4), uno al centro dell’insediamento ed uno più piccolo a N, mentre condotte assicuravano il drenaggio delle acque all’esterno dell’abitato di la città.

I MONUMENTI DELL'INSEDIAMENTO
  1. Il grande recinto

Il distretto di Poliochni è un progetto pubblico molto importante e xdatato aprimo periodo Azzurro, durante il quale l’insediamento cominciava ad acquisire un’organizzazione urbana di tipo protourbano (da3.200 a.C eccetera.). Le prime parti del recinto furono portate alla luce nel periodo 1933-1936 dagli archeologi italiani Puglisi, Begatti, Sestieri, Paribeni e Monaco. Durante questo periodo fu scoperta la sua sezione N e O, lunga 130 m. circa da 263 m. che il distretto sembra aver contato del tutto. La sua larghezza varia da 0,70 ma 2,80 m, mentre la sua altezza massima non dovrebbe superare i 4,50 m.

Strutturalmente, nel recinto sono distinguibilidue principali fasi costruttive. Il primo risale dalla fine del periodo Nero alla fine del periodo Blu (3.100/3.000 – 2.800/2.700 a.C) e parallelamente alla sua costruzione si formarono tangenzialmente ad essa altre imponenti opere tecniche di carattere monumentale. Si tratta di spazi quadrilateri, necessari per rinforzare i pendii, con caratteristicheesempi sono la Sala 14 (“Parlamento”) (vedi più in dettaglio, cap. 6.6) e la Sala 28 (“Grano”) (vedi più in dettaglio, cap. 6.7).

La seconda fase di costruzionedel recintorisale dall’inizio del Verde alla finedel periodo Rosso (2800/2700 – 2.200 a.C.). Durante questo periodo il recinto fu ampliato. Furono ricostruite nuove sezioni, mentre quelle esistenti furono rafforzate in altezza e larghezza. Questa nuova fase costruttiva del recinto indica da un lato l’immediata necessità di ampliare i confini dell’area residenziale, probabilmente conseguenza dell’aumento della popolazione della comunità e dall’altro l’urgente necessità di affrontare i problemi di subsidenza in corso che vengono presentati, principalmente nel Nord e nell’Ovest dell’insediamento. Durante il periodo Giallo (2.200 – 2.000/1.900 a.C) sono state effettuate ricostruzioni e riparazioni parziali nel recinto.

Tecnicamente, ci sono tre modi principali per costruire nel distretto. Il primo segue il “sistema entangled” e presenta omogeneità nella sovrastruttura. È caratterizzato da filari orizzontali e sovrapposti di pietre alternate, ben sagomate, allungate, tabulari e cuboidali, accompagnate da un sottile strato di malta argillosa (fango). Questa modalità costruttiva si osserva nella prima fase costruttiva del recinto e si protrae fino circa alla fine della seconda, coprendo le prime fasi abitative dell’insediamento (3.100/3.000 – 2.200 a.C).

La seconda modalità di costruire presenta un sistema misto di applicazione del “sistema costruttivo entangled” ed è formato da pietre di media pezzatura, ciottolose e lastroformi, di forma irregolare o tondeggiante e con l’utilizzo di materiale legante, della stessa composizione. La seconda modalità costruttiva ricalca costruttivamente la prima, oppure è possibile che entrambe siano coesistite per un breve periodo di tempo. Datato dalla fineDi dal tardo periodo Verde al primo periodo Rosso (2.500 a.C.).

Nel terzo metodo di costruzione vengono utilizzati solo blocchi arrotondati, alternati all’uso di piccole pietre lastroformi o irregolari come riempimento (cunei) e alla presenza di materiale legante sottile, come caratteristiche distinto nella sezione D del recinto (sezione 34 “bastione”). Questo edificio tardo tecnico si sviluppa interamente nella seconda fase edilizia della cinta e risale all’inizio-fine del periodo Rosso (2.500 – 2.200 a.C).

Di particolare interesse nella costruzione della recinzione è l’uso prolungato della “tecnica delle murature casamatte”, cheapplicata dal periodo Blu fino alla seconda fase costruttiva della recinzione (3.200 – 2.200 a.C) Eriguarda la formazione e fondazione degli spazi, osservati geograficamente dall’Anatolia all’Egitto e all’area greca con diverse varianti, dagli inizi dell’età del Bronzo alla prima età del Ferro.

La tecnica delle “scatole di pietra” aveva lo scopo di creare bastioni sui quali sorgevano edifici e fortificazioni sia pubblici che privati. È definito dalla creazione di due, inizialmente, sottili muri paralleli con un’intercapedine tra loro, che spesso veniva sigillata con la creazione di altri due muri verticali a quelli originari, formando una sorta di scatola. Successivamente,l’interno dei box era pieno di materiale edile crollato. I vantaggi di questo modo di costruire erano molteplici, come la velocità di costruzione ed il basso costo, consentendo agli abitanti di un insediamento densamente popolato di creare immediatamente spazi abitativi. In tempo di guerra o di grandi progetti di costruzione comunale, la tecnica della “scatola in pietra” funzionava come un unico muro spesso e solido con un carattere a volte fortificato e a volte fortificato.

L’ottima realizzazione della cinta, testimoniata anche dalla grande altezza alla quale si conserva ancora oggi questo importante progetto di mura cittadine, è dovuta in gran parte alla presenza di rilevati tecnici, prevalentemente a S e SO del l’insediamento. Più precisamente, fin dai primi lavori di ricostruzione del recinto, si era cominciato a formare esternamente e lungo la sua fondazione un terrapieno artificiale, che per ragioni di statica e di resistenza si ripeteva con assoluta coerenza lungo tutta la zona di appoggio. Questa formazione avveniva periodicamente ed era molto rapida, mentre l’altezza del terrapieno all’esterno cambiava ogni volta che cambiavano i confini interni dell’insediamento.

Stratigraficamente il riempimento è costituito da strati sovrapposti di terreno franco-sabbioso, talvolta più soffice e ghiaioso, talvolta più compatto e giallastro.Era formato da un enorme volume di materiale da costruzione crollato insieme aframmenti di ceramica, scaglie di selce, utensili in pietra, frammenti metallici, ossa e conchiglie, dando l’impressione di una grande discarica, che si formò progressivamente, durante il periodo di massimo splendore della città, dai resti della vita quotidiana degli abitanti.

Per la costruzione del recinto sono state utilizzate prevalentemente pietre argillose localiad alta resistenza, come arenarie e trachiti,ciottoli e cheratoliti isolati. Inoltre, malte, macine e soglie sono state rinvenute in luoghi di secondo utilizzo come materiali da costruzione,Qualeper la loro forma piatta facilitavano la realizzazione di superfici orizzontali. Terreno locale concalcite, quarzo e inclusioni vulcaniche, insieme a detriti di conchiglie e ceramica.

  1. Il cancello principale

 Nell’ovest Sul lato di Poliochni si apre uno degli ingressi principali dell’insediamento, dove termina la strada principale della città. Fu scavato dalla Scuola Italiana di Archeologia di Atene tra il 1934 e il 1935 e fu incluso insieme alla strada principale nell’originaria pianificazione urbanistica di Poliochni, rimanendo in uso per tutta la vita dell’insediamento. L’apertura originaria dell’ingresso era larga circa 2,50 m. e seguiva la linea immaginaria del distretto, tra la Sala 14 (“Parlamento”)(vedi più in dettaglio cap. 6.6)e Stanza 26 (“Grano”)(vedi più in dettaglio cap. 6.6).

Più tardi, durante il periodo Verde(2.800 – 2.500 a.C.),con l’espansione dell’insediamento verso ovest, l’apertura dell’ingresso venne ampliata, raggiungendo una larghezza di circa 3,70 m. Nello stesso periodo e in fasi edilizie successive, i lati N e N furono rinforzati con costruzioni in mattoni pieni, probabilmente di carattere difensivo, formanti un propileo.

  1. Lavori in corso al cancello principale

All’esterno del recinto e a S della porta centrale, durante gli scavi del 1934-1935 è stata scoperta una sorta di cisterna o vasca, a forma di tronco di piramide rovesciata. Datato al periodo giallo (2.200 – 2.000/1.900 a.C) ed è formato da un grande piatto portante e da quattro lastroni inclinati di forma trapezoidale a forma di guance. La costruzione è inclusa all’interno di un’altra costruzione più grande, a forma di cubo quadrato, dimensioni 2,50m.x3,00m. ed è stato interpretato dagli scavatori italiani come un abbeveratoio per animali o un serbatoio per l’acqua.

Costruzioni simili sono state individuate a Palamari di Sciro, nell’insediamento preistorico, alle quali gli scavatori attribuirono l’uso di “lavanderie”, cioè costruzioni per la lavorazione del cuoio. La costruzione oggi è arginata per ragioni di protezione.

  1. Le piazze acciottolate con i pozzi

A Poliochni ci sono due piazze centrali e si tratta di spazi pubblici all’aperto, progettati secondo la disposizione delle strade. Si tratta della piazza 103 al centro dell’insediamento e della piazza 106 a nord, entrambe le piazze erano pavimentate con pozzi che raggiungevano una profondità di 8 m. circa o anche di più, necessari per garantire l’acqua nella zona.

La piazza centrale 103 si trova in un punto focale dell’insediamento, all’incrocio delle strade 102, 105 e 124 e all’esterno dell’edificio A dell’isola VIII con il palazzo 605(vedi più in dettaglio cap. 6.8), uno degli edifici più importanti dell’ultima fase di Poliochni. Occupava una superficie di circa 1.000 mq. e risale al Periodo Blu (3.200 – 2.800 a.C). Ha un pavimento pavimentato con grandi lastre monolitiche e sembra che funzionasse come luogo di ritrovo pubblico. Inizialmente la piazza era più grande, ma la progressiva costruzione di edifici ne limitò le dimensioni verso ovest. e perimetro del pozzo. Il pozzo in pietra della piazza, formato da pietre parallelepipedi, presenta un pozzo di sezione circolare, di 1,63 m di diametro. e un’apertura poligonale, da cui un condotto in pietra, seguendo la pendenza del terreno, assicurava il drenaggio dell’acqua dall’ambiente. In caso di straripamento, la conduttura probabilmente distribuiva l’acqua alle altre parti dell’insediamento. Durante la seconda guerra mondiale il pozzo funse da discarica per materiale bellico.

A N della città, seguendo la via principale, si trova una seconda piazza, la piazza 106, di superficie inferiore alla prima. Era inoltre pavimentato con la presenza di un pozzo. Il pozzo ha sezione quadrata ed è più profondo del primo, tanto che l’acqua raggiunge con successo la stessa falda del pozzo della piazza centrale.

  1. Le case

Le case di Poliochni sono costruite secondo il tipo “palazzino”, come si osserva anche in altri insediamenti della prima età del bronzonell’Egeo nord-orientale e nell’Asia Minore.

Il termine”villa” appare per la prima volta inOmero eda lì lo prese in prestitoILArcheologo tedescoHeinrich Schliemann(1822-1890)per descrivere un palazzo o l’unità centrale dei palazzi, durante il tardo periodo miceneo nella Grecia continentale. A poco a poco, l’uso del termine espsi irrigidì descrivendo le abitazioniche includevano come unità base della vitaunomonovano allungato o bivano con vestibolo, nonché edifici liberi, senza altri spazi ad incorniciarli, edifici rettangolari o ad arco con pianta corrispondente.In zona greca, il suo tipoappare “palazzo”.già dal Neolitico, mentre nelDomina l’età del bronzonell’architettura residenziale, come struttura edilizia libera o complessa.

I principali tipi di case a Poliochni sono”complesso residenziale a forma di mega»e la “serie di palazzi”. Di norma, accessonelle residenze si facevadalla strada che portava al cortile e applì nel vestibolo, uno spazio aperto dall’altra parte della casa. L’ingresso avveniva dal vestiboloFla camera principale del palazzo, dove si trovava anche lo spazio principalevita familiare. L’accessonelle altre zonedella casa era possibile solo dall’interno del palazzo. Tutte le residenzeerano circondati da un recinto e non avevano linea di vista sulla strada. Le pareti eranoin pietra e le aperture delle porte predisposte con i rubinetti posti alla destra dell’ingresso e all’interno dell’abitazione, testimoniano un senso orario aApertura porta. I pavimenti eranoquelli di terra a quelli riparatiluoghie pavimentato a cielo aperto.

  1. Sala 14 “Bouleuterion”

Nell’angolo SW dell’insediamento e S dell’ingresso centrale si trova la Sala 14, conosciuta anche come “Parlamento”. Si tratta di un grande edificio rettangolare, che misura 11,95 x 4,10 m. e un’altezza sopravvissuta fino a 1,80 m. Internamente, la presenza di appoggi a gradoni, formati da lastre di pietra allungate sui lati longitudinalmente lunghi, indusse i primi scavatori della Scuola Archeologica Italiana di Atene nel 1934 a interpretare l’edificio come luogo di pubblico incontro e aggregazione..

La prima fase costruttiva del sito risale al tardo periodo cianoico e consisteva in un edificio rettangolare oblungo con un elaborato sistema costruttivo complesso, simile a quello dell’edificio “Sitapothika” (vedi più in dettaglio, cap. 6.8). Inizialmente, lo spazio sembra essere stato concepito per essere compreso come fronte sul pendio, garantendo la funzione non murata del recinto, nell’ambito della “tecnica delle murature a casamatta” (vedi più in dettaglio cap. 6.1). L’edificio in questo periodo sembra fosse aperto da N. e N. Durante il periodo Verde (2.800 – 2.500 a.C) furono realizzati gli appoggi lungo le pareti dell’edificio, mentre poco dopo, per ragioni di resistenza dal lato del recinto, fu aggiunto un tratto di muro all’esterno del vano, portandone lo spessore finale a 2,50 m. Di. L’edificio continuò a ricevere modifiche e restauri fino al periodo Giallo (2.200 – 2.000/1.900 a.C). Inoltre, l’Occidente è stato modificato. tribuna ed è stato aperto un ingresso a N del sito.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’uso dell’Aula 14 come “Parlamento”,lo scavatore italianoLuigi Bernabò Breatipicamente ha scritto:

“… questa caracteristica fece pensare che il vano fosse adibito in questa fase a locale di riunione e che i due gradini constituissero qualche cosa come i sedili di un primitivo teatro o bouleuterion…” (Poliochni I.II, 1964, 177 )

“…questa caratteristica indica che la sala veniva utilizzata in questa fase come luogo di incontro e che i due gradini formavano qualcosa come le sedi di un teatro antico o del Parlamento…”

Sebbene nella letteratura ufficiale sia consolidata l’interpretazione dello spazio 14 come “Parlamento”, il modo graduale della sua costruzione e ricostruzione, tangenzialesu una parte del muro,precisa che la sua originaria destinazione d’uso rispondeva ad esigenze di carattere indeterminato, che mutavano di volta in volta a seconda dei mutamenti avvenuti nell’insediamento sia a livello socio-economico che a livello di organizzazione urbanistica.

  1. Sala 28 “Fienile” 

La stanza 28 è la stanza più grande di Poliochni ed è conosciuta come “Sitapothika”. Fu scavato negli anni 1934 e 1936 dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene e risale alla tarda fase Blu, mentre si conservò inalterato fino alla fine del Periodo Rosso (2.200 a.C.). Si tratta di un grande edificio dalla forma allungata, dimensioni 16,80m.x3,75m. interni e 19,50m.x6,50m. esternamente, con orientamento S/SW-N/NE. È formato da muratura spessa, larga fino a 1,50 m. in alto e 2m. alla base, di altezza variabile da 4,50 a 5,40 m. Presenta un “sistema costruttivo intricato” con un evidente tentativo di formare zone di divisione orizzontale. Durante gli scavi, sotto le fondamenta dell’edificio, sono venuti alla luce resti abitativi più antichi, risalenti alla prima fase del Periodo Blu.

Inizialmente l’ambiente 28 sembra essere stato un’unica costruzione realizzata con la “tecnica del muro a casamatta” (vedi sezione più approfondita, n. 6.1) con la parete nord che fungeva da muro di contenimento per il contenimento delle pendenze. Nelle successive fasi residenziali (periodo Verde e Rosso,2.800-2.200 a.C) durante il quale Poliochni si espanse verso ovest, l’edificio fu integrato nel nucleo residenziale della città e costituì un ulteriore spazio d’uso.

     ILle somiglianze presentate dal sito con corrispondenti costruzioni strutturali ad uso deposito in Anatolia, hanno portato gli scavatori italiani a definire il sito come un “Grano”. Oggi gran parte dell’Area 28 è arginata per proteggere i resti architettonici rinvenuti negli strati inferiori, oltre che per sostenere i muri laterali.

  1. Edificio A- Palazzo 605 (Isola VIII) 

Le aree dell’edificio A (601-616) si sviluppano nella parte centro-settentrionale dell’isolotto VIII. Sono datati alla fase edilizia gialla dell’insediamento (2.200 – 2.000/1.900a.C.) con la presenza di fasi costruttive successive, che riguardano soprattutto integrazioni e sistemazioni di nuove aperture. In origine il complesso edificio a forma di megasi apriva sulla piazza lastricata (103), che era luogo di incontro pubblico e snodo di traffico. Successivamente l’edificio fu separato dall’area quadrata e ad esso si accedeva attraverso uno stretto corridoio (601-602) che conduceva al cortile lastricato in pietra (603). Dal cortile si accedeva al vestibolo (604) e da qui alla zona principale dell’edificio, il cosiddetto “megaro” (605).

     L’ingresso al palazzo era sul lato stretto N dell’edificio con la rubinetteria conservata intatta a destra dell’ingresso. Nei suoi due angoli (SE e SW) sono presenti costruzioni in pietra (panchine), mentre sul lato N sopravvive un tratto di pavimentazione in pietra, con pavimentazione tipica di un’area coperta. Un’apertura a NW del palazzo fungeva da ingresso al resto degli spazi ausiliari dell’edificio (606-609), che furono costruiti insieme al palazzo e si trovano a W. Di. L’ambiente (606) venne probabilmente utilizzato come scala, mentre gli ambienti successivi (607 e 608) furono adibiti a magazzini, come indica il gran numero di pithos ivi rinvenuti. Il più meridionale di questi spazi (609) conduce all’esterno dell’edificio principale verso uno stretto corridoio (611). Da lì, attraverso un secondo cortile “interno” (616), tra i due edifici coevi (A e B) sullo stesso isolotto, si accedeva a piccoli ambienti.

L’illuminazione e l’areazione dell’edificio è stata assicurata dalla Via An., 105 Ovest. tramite corridoio (611) e cortile interno (616) e a S dal cortile centrale (603). Una condotta in pietra lungo il corridoio (611) contribuiva al deflusso delle acque del tetto ma anche al drenaggio generale dell’edificio, confluendo forse nel pozzo della piazza 103.

Nell’ultima fase costruttiva, l’edificio è stato incorniciato con nuove costruzioni sulla piazza pavimentata e sulla strada principale 105. Questa nuova gestione dello spazio privato a scapito di quello pubblico, presenta nuove trasformazioni sociali, secondo le quali sebbene gli spazi privati ​​siano aumentati , i confini residenziali della città rimasero invariati.

Sia la posizione dell’edificio nella piazza dell’insediamento, sia le sue dimensioni in combinazione con la costruzione elaborata e gli importanti reperti rinvenuti al suo interno, lo classificano come una delle residenze più importanti di Poliochni durante questo periodo. All’interno dell’edificio è stato rinvenuto uno dei reperti più rari dell’età del bronzo nell’Egeo e si tratta di un cilindro con sigillo in avorio, di tipo nord-siriano con raffigurazione di persone e animali, che sembra essere appartenuto ad una persona prestigiosa che abitava nell’edificio (vedi maggiori dettagli cap. 7.4).

  1. Edificio XIII (Isola XIII)

L’edificio XIII è un edificio unico, autonomo e complesso, a forma di mega. Datato al periodo rosso (2.500 – 2.200 a.C) e presenta tre fasi costruttive, che sono state realizzate in un breve arco di tempo e riguardano principalmente aggiunte e sistemazioni di aperture di comunicazione.

L’edificio occupa una superficie di 353 mq. e copre l’intero isolotto omonimo. Fa parte di un recinto basso ed aveva accesso da S attraverso la strada adiacente. Un cortile interno lastricato in pietra (831) immetteva nella zona del palazzo (832), mentre ad ovest. di un secondo cortile interno, più piccolo, lastricato in pietra (828), attorno al quale erano strutturati gli spazi, assicurava ulteriore illuminazione e ventilazione al palazzo. Nell’ultima fase di costruzione sono stati creati nuovi spazi ad Anat. sul cortile centrale (833&834). L’accesso a questi spazi avveniva ancora una volta attraverso il cortile, mentre nonostante le nuove modifiche costruttive, il profilo esterno dell’isola è rimasto invariato.

L’edificio XIII costituisce un ottimo esempio di costruzione architettonica per l’epoca a cui appartiene, poiché presenta una pianta organica con una chiara destinazione d’uso. Inoltre, sia il palazzo che il suo cortile sembrano aver avuto un ruolo difensivo, nel contesto dei box in pietra, con lo scopo principale di contenere i vulnerabili pendii ad ovest. a causa del ruscello che circonda Poliochni. Questa doppia funzione dell’edificio è un altro esempio di società socialmente e tecnologicamente avanzata.

Un insieme di armi e strumenti di (semi)bronzo scoperti all’interno del sito 829 fornisce ulteriori informazioni sia sul sito che sugli occupanti della casa.

  1. Edificio 317

Sul punto più alto della collina di Poliochni, indipendente da altre strutture e libera negli spazi, è ubicata la villa 317. Presenta pianta trapezoidale e dimensioni interne di 7,50×2,70-3,90 m. Il passaggio al palazzo avveniva dalla via principale 105, dove si trovava anche la seconda e più piccola piazza dell’abitato con il pozzo. L’ingresso all’edificio era assicurato, attraverso il vestibolo, da un’apertura sul lato N stretto.

Architettonicamente, Megaro 317 è un esempio unico nella zona di Poliochni. Si tratta di una struttura ruvida e robusta con robusti muri di ciottoli e grandi lastre monolitiche di arenaria di origine domestica che raggiungono una lunghezza fino a 1,80 m. Esternamente, in Anat. muro, pietre verticali simili a lastre fungevano da montanti. Sia la forma monumentale dell’edificio, sia la sua posizione nell’area, prossima alla piazza del paese ma allo stesso tempo lontana dagli edifici circostanti, unita al suo orientamento stabile dal periodo Verde a quello Giallo (2.800-2.000/1.900a.C.), portò i primi scavatori a identificare l’edificio con un luogo di culto pubblico.

Alla fine del Periodo Giallo, il grande terremoto avvenuto intorno al 2.100 a.C. causò gravi danni all’edificio, mentre due degli abitanti dell’insediamento, apparentemente presenti al momento dell’improvviso evento, non fecero in tempo ad allontanarsi e ne siamo rimasti sopraffatti.

I RISULTATI DI POLIOCHNI

Preziosi strumenti interpretativi per comprendere lo stile di vita delle popolazioni che vissero a Poliochni ininterrottamente per circa 1.500 anni, sono le migliaia di oggetti in argilla, pietra, metallo e osso che furono individuati e raccolti durante il periodo dei lavori di scavo nel sito.

  1. Oggetti in argilla

“depas amphikipellon”

Uno dei vasi più famosi di Poliochni è il cosiddetto “depas amfikypellon”. Il nome del vaso “depas” deriva dalla radice proto-indoeuropea dheup- che significa profondo, cavo e compare per la prima volta nelle fonti scritte dell’Iliade di Omero, nell’VIII secolo a.C. Viene descritto come un vaso lussuoso con una duplice funzione, a volte come coppa utilitaria per bere vino e talvolta come vaso rituale per fare libagioni:

 

Estratto 1:

πὰρ δὲ δέπας περικαλλές, ὃ οἴκοθεν ἦγ᾽ ὁ γεραιός,

χρυσείοις ἥλοισι πεπαρμένον· οὔατα δ᾽ αὐτοῦ

τέσσαρ᾽ ἔσαν, δοιαὶ δὲ πελειάδες ἀμφὶς ἕκαστον

χρύσειαι νεμέθοντο, δύω δ᾽ ὑπὸ πυθμένες ἦσαν.

ἄλλος μὲν μογέων ἀποκινήσασκε τραπέζης

πλεῖον ἐόν, Νέστωρ δ᾽ ὁ γέρων ἀμογητὶ ἄειρεν.

(Omero, Iliade, L, 632-637)

 

“la coppa oraria scola, il vecchio che ‘ammucchia’ Pilo porta,

era piumata di chiodi d’oro e quattro la cingevano

le orecchie in ciascun orecchio dexozerva d’oro erano al pascolo

due colombe e sotto di lei due colombe doppie.

Era piena di av, un altro difficilmente riusciva a spostarla,

ma il vecchio Nestore se lo portava continuamente alle labbra»

(trad. N. Kazantzakis e I. Th. Kakridis)

 

Estratto 2:

«ἔνθα δέ οἱ δέπας ἔσκε τετυγμένον, οὐδέ τις ἄλλος

οὔτ᾽ ἀνδρῶν πίνεσκεν ἀπ᾽ αὐτοῦ αἴθοπα οἶνον,

οὔτέ τεῳ σπένδεσκε θεῶν, ὅτε μὴ Διὶ πατρί.

τό ῥα τότ᾽ ἐκ χηλοῖο λαβὼν ἐκάθηρε θεείῳ

πρῶτον, ἔπειτα δ᾽ ἔνιψ᾽ ὕδατος καλῇσι ῥοῇσι,»

(Omero, Iliade, P, 225-229)

 

“Con questa era conservata una tazza artigianale

L’uomo non ha mai bevuto vino nero fiammeggiante, e nemmeno

ad un altro dio offrì libagioni, solo a Zeus padre.

Poi lo tirò fuori di tasca, lo condì con zolfo,

con acqua corrente tiepida e poi risciacquarlo”

(trad. N. Kazantzakis e I. Th. Kakridis)

 

Nel II-III secolo d.C Athenaios, nella sua opera Deipnosophistes (XI, 387), menziona il “depas amphicypellon” come una coppa anficurva, mentre molto più tardi, nel XIX secolo, l’archeologo tedescoHeinrichSchliemann (1822-1890) prese a prestito questo termine per descrivere le tazze con corpo cilindrico allungato e due anse verticali ricurve o a forma di cuore, che collocò a Troia IIc (II a.C. 2500-2200 a.C.) credendo erroneamente di indagare sulla tarda periodo di Troia, a cui Omero fa riferimento nelle sue opere.

Il “depas amphikipellon” lo ènave emblematica per la cultura dell’Egeoe presenta varie varianti. È datato al tardo Calcolitico (2200-2050 a.C.), indicando reti di contatti che comprendono l’intera area dell’Egeo, i Balcani, l’Anatolia centrale e sudorientale, nonché la Siria settentrionale.

A Poliochni questo tipo di vaso appare per la prima volta durante il periodo Giallo (2.200 – 2.000/1.900a.C.), molto più tardi di Troia ed è classificato in due categorie principali: alla prima appartengono i vasi più elaborati, con pareti sottili, levigati e patinati, mentre alla seconda quelli più durevoli e pesanti, adatti all’uso quotidiano.

Per quanto riguarda il ruolo utilitaristico del vaso, l’impossibilità di fissarlo in posizione verticale crea problemi, mentre rimane ancora aperta la questione se si tratti di un vaso di uso quotidiano o di un vaso di probabile natura rituale.

Pentole 

Nell’insediamento sono stati trovati molti vasi utilitari che servivano alle necessità quotidiane degli abitanti. I vasi di terracotta, talvolta treppiedi e talvolta no, con manici verticali o orizzontali, venivano utilizzati sia per la preparazione dei cibi che come fonti di calore e luce. Il rinvenimento di cocci nei cortili delle case dimostra che il processo di cottura avveniva all’esterno dell’abitazione, in uno spazio aperto. Nei casi dei cortili comuni, questo punto di vista è di particolare interesse, poiché suggerisce anche la preparazione congiunta del cibo, come un processo collettivo, che sembra aver collegato i membri delle famiglie vicine.

Anfore

Le grandi giare di stoccaggio, rinvenute nell’insediamento, sono vasi di alta abilità e lavoro specializzato. Era realizzato in argilla, all’interno di apposite costruzioni termali, in modo da garantirne la massima durata possibile.

  1. Oggetti in pietra

I manufatti in pietra di Poliochni comprendono principalmente strumenti, armi, figurine e gioielli, alcuni dei quali indicano reti per la circolazione delle materie prime e dei prodotti finiti. Le abbondanti rocce vulcaniche dell’isola venivano utilizzate come materia prima per la fabbricazione di utensili e mole in pietra, che venivano realizzati dagli abitanti dell’insediamento. Infatti, quando alcuni strumenti non ebbero più un ruolo utilitario, funzionarono in un secondo utilizzo, come materiale da costruzione, come testimonia la presenza di macine e macine in diverse murature di ambienti residenziali dell’insediamento.

  1. Oggetti metallici

A Poliochni l’arte della lavorazione dei metalli era già nota durante le prime fasi di occupazione del sito. Poiché l’isola di Lemno non aveva giacimenti di metalli, gli oggetti metallici a Poliochni venivano importati o fabbricati in loco, purché l’approvvigionamento della materia prima fosse assicurato e riguardasse principalmente utensili, armi e gioielli.

Gli studi condotti sull’origine degli oggetti metallici nell’insediamento hanno portato alla conclusione che la materia prima o i prodotti finiti provenivano dalla più ampia regione dell’Egeo e da fonti dell’Anatolia, mentre nell’ultimo periodo di abitazione del sito, durante il quale Poliochni ricoprì una posizione decisiva nell’attività commerciale dell’Egeo, sembra che aumentassero le importazioni di rame stagnato dal Ponto e dalla regione anatolica.

La durabilità dell’ottone è stata determinante nell’uso diffuso di utensili in ottone, che ha contribuitonel miglioramento dinel lavoro agricolo e nell’allevamento, nella pesca, ma anche nel lavoro quotidiano all’interno delle case. Infatti, la buona qualità del metallo contribuì in modo decisivo all’uso prolungato da parte delle generazioni successive di utensili e armi in ottone, come manuali e scalpelli.

I gioielli e gli accessori di abbigliamento occupano un posto speciale nella categoria dei metalli e comprendono principalmentepunte di bronzo e periapts d’argento e di rame.

Nel 1956, trovandone uno set di gioielli dei partner di BernabILBrea,all’interno dell’Aula 643, in un edificio attiguo all’edificio 605, è stato uno dei ritrovamenti più importanti di Poliochni. Riguarda luifamoso”tesoro di Poliochni“, che comprendeva1598 manufatti, di cui 1276 d’oro, 320 d’argento, uno di bronzo e uno di sardonica. Tra i reperti aurei più importanti figurano una fibula con spirali e uccelli, borchie, colletti, bottoni e perline di collane chedatato al periodo giallo di abitazione (2.200 – 2.000/1.900 a.C.). I gioielli di rara eleganzacombinatocon la lavorazione innovativa per l’epoca, che abbinava la tecnica del filo con quella della piastra forgiata e della catena, mostrano somiglianze con i rispettivigioielli dello stesso periodonel cosiddetto “Tesoro di Priamo”dasponda opposta dell’AEgeo, Troia.Come a Poliochni non è stato notatoattività metallurgica, tutti i suoi gioielli erano prodottiintroduzioneSdacentro dell’Anatolia ed era probabilmente destinato a qualche figura femminile di spicco dell’insediamento.

  1. Francobolli

Ancora oggi a Poliochni sono venuti alla luce sigilli di argilla, bronzo, alabastro e avorio. Sono rappresentativi di tutte le fasi di insediamento dell’area e rivelano l’esistenza di complesse strutture sociali ed economiche. Le superfici di tenuta riportano motivi prevalentemente lineari e geometrici, come una griglia, una croce con sistemi di angoli nei quarti di cerchio, rombi alternati, motivi ondulati, cerchi concentrici tratteggiati, ecc. Ad eccezione del sigillo in bronzo, che risale al periodo Rosso (2.500 – 2.200 a.C) ed è uno dei primi esempi di sigilli in bronzo nell’Egeo, il resto ha maniglie e un foro per appendere. Di particolare interesse è il sigillo cilindrico in pietra d’avorio lungo 0,05 m, decorato con una complessa rappresentazione figurativa che comprende gruppi di animali, persone e motivi astratti. È stato rinvenuto nell’Edificio A-Megaron 605 (Isola VIII) (vedi più in dettaglio cap. 6.8) ed è un altro importante ritrovamento nella zona, somigliante a cilindri-sigillo di tipo siriano.

POLIOCHNI COME LA CITTÀ PIÙ ANTICA D'EUROPA

La trasformazione dell’insediamento preistorico di Poliochni da piccolo villaggio di tipo aperto con capanne libere sul territorio a polis strettamente organizzata con abitazioni complesse censite in zone delimitate all’interno di un recinto costruito, costituisce un taglio nella storia dell’organizzazione del territorio , poiché questa esigenza presuppone l’accettazione reciproca dei suoi membri, come gruppo differenziato dalle altre comunità, che si trovano al di fuori di questa zona delimitata. In questo modo si è creata un’identità collettiva che separava i residenti “dentro” il distretto dai residenti che operavano “fuori” da esso. In questo caso il perimetro dell’insediamento segnava il limite dell’azione della comunità, che veniva interpretata come una struttura sociale avanzata, risultato della specializzazione, dell’intensificazione, della produzione e della possibilità di immagazzinare eccedenze con il fine ultimo del benessere economico e generale generale. benessere sociale degli abitanti.

L’avanguardia di Poliochni in tutte le aree sopra menzionate e la sua unicità tra il resto degli insediamenti preistorici conosciuti in Europa, le hanno dato la designazione della città più antica d’Europa. Anche se oggi sia i dati archeologici che le ricerche sugli insediamenti preistorici con caratteristiche simili a quello di Poliochni sono stati notevolmente arricchiti, tuttavia la preistoria, l’importanza e l’effetto delle conquiste di questo importantissimo insediamento preistorico nel suo contesto geografico e culturale rimangono innegabili.

POLIOCHNI IN EPOCA STORICA E BIZANTINA

Sebbene Poliochni non sia stata più abitata dopo il suo definitivo abbandono, ci sono segni di attività umana nella zona durante il periodo storico, sia all’interno dell’insediamento che nella sua più ampia area circostante.

Più nel dettaglio, all’esterno del reticolo abitativo, sono stati individuati resti strutturali di epoca tardo storica, mentre all’interno della città, la presenza di tombe a cassetta, risalenti all’epoca bizantina e datateil 12IL-13ILsecolo, sparsi qua e là fradi edifici preistorici, suggerisce una rudimentale continuità storica nell’area, con parti della piccola città preistorica ormai abbandonata apparentemente ancora visibili fino ad allora.

 

REGIME DI TUTELA GIURIDICA

L’insediamento preistorico di Poliochni è protetto dal Ministero della Cultura e dello Sport con l’agenzia di protezione dell’Eforato delle Antichità di Lesbo, in conformità con le attuali disposizioni della legislazione archeologica (Legge 3028/2002 (Gazzetta Ufficiale A 153/28-06-2002). Per la tutela delle Antichità e dei Beni Culturali in generee YA 15794/19-12-1961 – Gazzetta Ufficiale 35/B/2-2-19624(sulla designazione come monumenti storici preservati e siti archeologici), YA YPPO/ARCH/A1/Φ20/5372/234/1-2-1999 – Gazette 126/B/18-2-19995 (completamento della dichiarazione del sito archeologico di Poliochni Limnos – delimitazione del sito archeologico) e YA YPPO/ARCH/A1/Φ20/5372/234/1-2-1999 – Gazette 126/B/18-2- 19996 (determinazione della zona A di protezione assoluta degli usi non strutturati e del territorio all’interno i suoi limiti nell’area archeologica di Poliochnis a Lemno).

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